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mercoledì, aprile 28, 2010

L'uovo di Colombo, ovvero La Carbonara Che Riesce Sempre.

Stamattina sono andata dal parrucchiere.

(eh.)

Il restauro è durato quasi tre ore, ahimè. Ne sono uscita con una testa finalmente in ordine, cinque centimetri di capelli in meno, e lo spunto per una ricetta da provare stasera.
(già, perché quel sant’uomo del mio parrucchiere ha sempre una rivista di cucina da passarmi, prima che la testa carica di tintura mi crolli rovinosamente sul petto).

Secondo la rivista, non era altro che una semplice ricetta per un primo di stagione (che infatti comprendeva anche asparagi ed erbette aromatiche fresche). È bastato poco per rendermi conto che invece avevo per le mani uno stratagemma di quelli che possono cambiare la vita (un po’ come questo, che per combinazione riguarda pure lui le uova).

Se a voi la carbonara riesce sempre alla perfezione, con la salsetta densa al punto giusto ad abbracciare la pasta senza fare tristi pozzette nel piatto, e mai e poi mai vi verrebbe la tentazione di ributtare tutto in padella, salvo ritrovarvi con un mucchietto di uova e pancetta degne delle più indigeribili colazioni inglesi – ecco, se voi fate parte di questo eletto gruppo di semidei, vi saluto e vi do appuntamento al prossimo post.

Perché, a me, la carbonara non viene quasi mai. E quando lo fa, lo fa assolutamente a caso, in modo che io non possa imparare e ripetere il miracolo ogni volta che voglio.
Fino a stamattina.

L’uovo di Colombo, ovvero La Carbonara Che Riesce Sempre.
A persona:

1 tuorlo d’uovo freschissimo
3-4 cucchiai di acqua fredda
un pizzico di sale e di pepe
Parmigiano o pecorino grattugiato a piacere
Una ciotola di metallo, un pentolino o una bastardella

A bagnomaria (l’ideale è sfruttare l’acqua in cui sta cuocendo la pasta, appoggiando la bastardella sulla pentola senza che il fondo si bagni), sbattete gli ingredienti con un frustino: attenzione, perché se le uova sono poche montano in un attimo.
Quando il composto si sarà trasformato in una crema omogenea, senza residui liquidi, togliete la bastardella dalla pentola; dovrete ottenere una salsa della densità di uno zabaione dolce, quindi se fosse troppo spessa aggiungete un altro po’ d’acqua, sbattendo a bagnomaria per qualche secondo in più.
Tenete da parte coperto, in modo che non si raffreddi.
Una volta cotta la pasta, fatela saltare nella padella in cui avrete soffritto la pancetta, quindi versate il tutto nella ciotola dove sta aspettando il composto di uova. Mescolate con cura, allungando eventualmente con un pochino di acqua della pasta, e rifinite con parmigiano o pecorino grattugiato a piacere.

In pratica, l’uovo sbattuto a crudo è sostituito da uno zabaione salato (senza vino, però). Una cosa che avevo sempre considerato con rispettoso timore, nonostante quello tradizionale, dolce, sia tra le poche ricette che potrei preparare a occhi chiusi, con la sola forza del pensiero :)

Il piatto che ho cucinato stasera era in realtà una specie di carbonara primaverile, con zucchine e cipollotti al posto della pancetta, ma il trucco è naturalmente sempre valido. E perfetto, secondo me, anche per arricchire la famosa pasta con gli asparagi (riducendo un po' il burro soffritto con la salvia) e renderla ancora più di stagione.

giovedì, aprile 15, 2010

Torta a Porta

Che ci ho pensato un bel po', a come intitolare questo post. Dovrebbe anche essere il mio mestiere, scrivere titoli che vi rendano ansiosi di leggere il resto, come se non poteste pù vivere senza leggerlo subito, tutto, colti da un'urgenza indifferibile - più o meno. Ma qui si applica il famoso adagio per cui i figli del ciabattino hanno sempre le scarpe rotte, e mi ritrovo a non saper mettere a frutto le cose che ho imparato quando la beneficiaria sono io in prima persona.

Vabè.

Comunque, volevo dirvi che da qualche giorno esiste una cosa chiamata Torta a Porta. Domenica scorsa ho aperto un apposito profilo su Facebook (da cui risulto far Torta di nome e A Porta di cognome, caruccio) e l'interesse smosso è stato tanto, e sorprendente assai (grazie). Torta a Porta è, lo dice la parola stessa, un servizio che vi prepara torte dolci e salate e ve le porta a casa, se abitate a Torino. E' anche una cosa chiamata microcatering (micro e non mini, e voi sapete che di cose piccole io me ne intendo), che significa che posso preparare buffet e sorprese alimentari per una ventina di persone al massimo. Tutto questo perché sono da sola, Torta a Porta c'est moi e voglio che rimanga a misura mia, una cosa divertente innanzitutto e soprattutto per me.
Il blog esiste anche, ma per il momento è poco più di una pagina vuota; soprattutto perché la prima uscita pubblica di TaP è prevista per domani sera, e devo concentrarmi su quello (e sulla produzione casalinga di un po' di biglietti da visita, visto che mi sono svegliata troppo tardi per le moo - che ci saranno la prossima volta, promesso).

Insomma, TaP è una versione un po' più pubblica di quello che mi è sempre piaciuto fare per gli amici. E proprio dagli amici comincio, anzi, proseguo: domani, venerdì 16 aprile, porto le torte alla libreria del caro Beppe Marchetti, per uno spuntino alla fine di un reading di poesia bello e intenso, per la presentazione del nuovo libro di Carlo Molinaro. Il vino lo mette Beppe, lo dico subito per rassicurarvi.
Le torte non so quanto poetiche potranno essere, ma di sicuro saranno molto di stagione. Salate e anche dolci, come la vita :)
(ussignur, che i poeti mi perdonino)

Nota: per gli aggiornamenti sulle prossime uscite di TaP, troverete tutto sul blog. Qui vorrei continuare a parlare essenzialmente di ricette - magari una volta all'anno, ma senza fare troppa confusione ;)

mercoledì, marzo 03, 2010

Torta messicana al cacao senza uova

Questa ricettina, che ho un po’ modificato da Serious Eats, ha proprio un sacco di qualità.

Innanzitutto, come dice il titolo, è totalmente priva di uova: una caratteristica utile certo a chi è allergico, ma anche a chi, come me, di uova ne usa talmente poche che è quasi sempre senza. E così diventa il dolce perfetto della domenica pomeriggio, quando è tutto chiuso e nemmeno volendo si potrebbe uscire a comprarne una mezza dozzina. È anche la torta delle tre del mattino, perché fra dispensa e frigorifero si hanno certamente tutti gli ingredienti a disposizione, e perché si mescola a mano, in cinque minuti di orologio, e quindi si può preparare ogni volta che il desiderio di cioccolato non lascia dormire, ma non si può tener sveglio il condominio con il whizz del frullino elettrico. Per questi stessi motivi è poi la torta dei futuri papà, che possono prepararla da soli quando la futura mamma ha una voglia con cui non si può discutere, anche a ore antelucane.

Altro vantaggio non indifferente: anche se, rispetto alla versione originale, volete lo stesso aggiungere un po’ di burro, la quantità è tale che la torta resta leggerissima – 50 grammi per una torta da 24 cm, ne vogliamo parlare? Se siete particolarmente pigri e non avete nemmeno voglia di far sciogliere il burro, al suo posto potete usare 80 g di panna liquida per dolci, quella da montare. Se poi decidete di eliminarlo del tutto, o sostituirlo con 50 grammi di olio, vi verrà fuori un dolce vegano, e preparabile senza nemmeno aprire il frigo.

Ultima qualità, che forse è tale solo per me: il segreto della morbidezza di questa torta è, pare, frutto di una reazione chimica speciale. Sì, certo che tutte le trasformazioni che avvengono mentre cuciniamo nascono da reazioni chimiche e fisiche (e qua mi fermo perché già mi sento cedere il terreno sotto i piedi :), ma questa l’ho trovata particolarmente fascinosa. Come dice qualcuno nei commenti al post originale, è quella che interviene tra il bicarbonato (tipico ingrediente lievitante) e l’aceto (molto meno tipico).

Orsù, fuori ciotola bilancia colino e cucchiai, e prepariamola.

Accendiamo il forno a 180°.

Rivestiamo con la carta forno il fondo di una tortiera apribile, diametro massimo 24 cm.

Pesiamo:
230 g di farina
230 g di zucchero
50 g di cacao amaro (che setacceremo pignolamente)

Mescoliamoli bene in una ciotola insieme a:
1 cucchiaino (inteso come misurino, non come posata qualsiasi) di bicarbonato
un pizzico di sale
un pizzicone di cannella
una macinatina di noce moscata

A parte mescoliamo anche:
230 ml di acqua ben fredda
1 cucchiaio di aceto (di mele o balsamico; anche qui, il cucchiaio è un misurino preciso, non quello con cui si mangia la minestra)
una fialetta di aroma alla vaniglia

Facciamo fondere e raffreddare 50 g di burro, o pesiamo la stessa quantità di olio (preferibilmente di sapore neutro, non di oliva), oppure ancora 80 g di panna da montare ---- questi ingredienti sono, come si diceva, eliminabili: la torta resterà un po’ più gommosetta.

Versiamo gli ingredienti liquidi sopra quelli asciutti e mescoliamo brevemente, quindi aggiungiamo burro/olio/panna se li usiamo, e amalgamiamo bene. La ricetta dice che qualche grumo è non solo ok, ma persino auspicabile, ma a me ‘sta cosa non persuade affatto. Non state a mescolare per delle ore e non usate frullini o altri ausilii meccanici, ma i grumi io li eviterei. Ecco.
Trasferiamo nella tortiera e inforniamo subito per 30-35 minuti. Controlliamo con lo stecchino che sia cotta, sforniamola e aspettiamo almeno una decina di minuti prima di toglierla dalla teglia.

La torta lievita bene, ha una certa tendenza a spaccarsi in superficie e non sa assolutamente di aceto. Se avanza, vedrete che è morbida e invitante anche parecchi giorni dopo; unico accorgimento, conservatela coperta.

Così com’è, è perfetta per sostituire, con leggerezza, i biscotti della colazione e della merenda. Servita con una crema inglese o un po’ di gelato, il suo coefficiente di eleganza cresce assai. Potete anche farcirla o glassarla a piacere – insomma, è la versatilità fatta torta. Io l’ho preparata un sacco di volte da quando l’ho scoperta, e ovviamente mi sono divertita a esplorare diverse aromatizzazioni. È molto buona anche sciogliendo nell’acqua un paio di cucchiaini di caffè solubile e profumandola soltanto con la vaniglia.
(la ricetta originale vuole che alla fine le si rovesci sopra, alla torta dico, una specie di glassa fatta mescolando cacao, zucchero e acqua. A me non ispirava e non l'ho mai preparata, ma se qualcuno vuole provare sono curiosa di sapere com'è.)