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mercoledì, novembre 22, 2006

Crostata di pere e formaggio

Quasi un cheesecake, ma molto più leggero.

Foderate una tortiera da crostata con un disco sottile di pasta brisée. Sul fondo bucherellato sistemate a raggiera le fettine sottili ricavate da due pere non troppo grandi. A parte sbattete 2 uova con 4 cucchiai di zucchero di canna, un filadelfia piccolo e un goccio di liquore a piacere (rum, brandy, cognac, quel che avete sottomano). Distribuite sulle fettine di pera e mettete a cuocere nel forno già a 180° per 40 minuti.

Non pretendete di sformare subito la crostata, altrimenti si rompe.
Spargete la voce che avete messo un ingrediente misterioso e vedete quanti ci arrivano.

Aggiornamento:
l'ho preparata anche con due cestini di lamponi al posto delle pere e, com'era prevedibile, è venuta benissimo. Siccome i lamponi erano spagnoli e non mi sono fidata, ho aggiunto un po' di zucchero di canna nel composto di formaggio e ho spolverato i lamponi stessi, già nella tortiera foderata di pasta, con un cucchiaino di zucchero semolato (sarebbe stato perfetto quello a velo).

Ora aspetto di poterla fare con uno dei miei abbinamenti preferiti - sì lo so che son noiosa, ma certi matrimoni paiono davvero made in heaven: lamponi, magari del Trentino, e pesche gialle.

Ho dimenticato una precisazione importante: con queste dosi bisogna usare una tortiera non troppo grande, 24 cm al massimo, altrimenti la crema di formaggio forma uno strato troppo sottile (stavo per dire *si spetascia*, ma sapete che odio i tecnicismi).

mercoledì, novembre 15, 2006

Le bar à soupes

Quando mi sono innamorata delle zuppe, anni fa, avevo subito fantasticato di aprire un localino in una zona strategica (negozi, uffici) che servisse a pranzo solo zuppe, calde o fredde a seconda della stagione. La deformazione professionale mi aveva portato a pensare subito a come avrebbe potuto chiamarsi un posto così - è un problema mio: finché la *cosa* che ho pensato non ha un nome, non esiste. Poi magari vegeta col nome addosso per anni, o per sempre, prima di trasformarsi in realtà e quindi esistere a tutti gli effetti: ma restare senza nome non può. Beh, oltre al nome (*La Zuppiera*) avevo trovato anche il sottotitolo, *Bar à soupes*. Immaginate la sorpresa di comprare, anni dopo, uno dei già citati librini della Marabout e scoprire che la sua autrice aveva da poco aperto a Parigi il primo Bar à Soupes della capitale: io ci ho dato del naso casualmente quest'estate.

Le velleità da cuoca in grande sono evaporate presto (anche se avevo immaginato il locale nei dettagli, soffermandomi sul bancone in stile fast-food provenzale, con i vassoi di legno e le ciotole di terraglia, le sedie scompagnate e le piastrelle di colori misti, tutti mescolati, su tavoli e pareti. Vabbe'). La passione per le zuppe invece è rimasta e questa è la sua stagione migliore.

Le zuppe per eccellenza per me sono quelle di verdura, e tra queste le mie preferite sono da sempre passati e vellutate, per colpa di un imprinting spaventoso con il minestrone della refezione della scuola. Il mio gusto si sta evolvendo molto adagio, e da qualche tempo ho cominciato a tollerare la differenza di texture apportata da un pugno di pasta, preferibilmente fresca. E' il caso dell'unico tipo di pasta e fagioli che mangio: un passato di cannellini, vivacizzato da un soffrittino di lardo (lo dico pianissimo, in realtà l'olio d'oliva va altrettanto bene) aglio e salvia, e servito con dei maltagliati all'uovo cotti direttamente nel passato.

Ora però ho fatto la conoscenza con le zuppe di noodles all'orientale e mi si è aperto un orizzonte di cui, deliziosamente, non vedo la fine. Ve lo confesso ma venite qui vicino, che non si sappia troppo in giro: adoro quelle giapponesi istantanee nel barattolo monoporzione a tronco di cono, quelle che ci aggiungi una tazza d'acqua bollente, lasci stare tre minuti e poi mangi. Si chiamano Cup-Noodles e ogni volta che me ne preparo una ho nelle orecchie lo speaker degli spot demenziali che le pubblicizzavano in Giappone ('angriiii? cappanudel!).



Oltre alle schifezze prefabbricate giapponesi (le *vaccate* come le chiamava Snoopy in una striscia memorabile - *una delle gioie della vita è rimpinzarsi di vaccate*), mi piacciono naturalmente quelle servite nei ristoranti orientali, con noodles di tutti tipi, soba o udon o quel che è, affogati in brodi chiari o scuri, profumatissimi, aromatici e uno diverso dall'altro (ora che ci penso, dai miei spacciatori di ingredienti esotici, qui dietro Porta Palazzo, ho comprato una minuscola bustina di dashi, una polveretta granulosa marroncina che dovrebbe servire per il dashi-no-moto, il brodo giapponese, che però non ho ancora trovato il coraggio di usare).

Insomma lo vedete, come al solito non ho mezze misure: o la crema al cucchiaio, densa rassicurante e materna, o il brodo limpido farcito degli ingredienti più diversi (che, non so perché, mi ha l'aria molto più da adulti). Basta che stia in una ciotola.
E sto aspettando dal mio libraio preferito due golosissimi libri sulle zuppe della Covent Garden Company, marca strafamosa di zuppe politicamente corrette. Vi saprò dire.

Cake salato

Oh che questi post quotidiani non diventino un'abitudine, neh!
E' che avevo un po' di ricette provate e stipate da raccontarvi.

Ricordate la quantità imbarazzante di libri di cucina comprata a Parigi? Be' vi farà piacere sapere che, oltre alla quantità, c'è stata anche la qualità. Non sono ovviamente ancora riuscita a testare una ricetta per ogni libro comprato; ho saltellato qua e là, ottenendo però risultati sempre interessanti. E anzi, una ricetta-base estratta da uno di quei libri rischia di diventare un classico istantaneo: il cake salato.
Bellissimo lo è, e poi invitante, appetitoso, con quella sua promessa di sofficità e di ricchezza. Nella pasta dorata possono far capolino pezzetti di pancetta, di pomodoro secco, verdurine assortite, funghi, pinoli - tutti con l'aria di starci benone, e di volerci deliziare con un insieme armonico di sapori e consistenze diverse. Quindi, insomma, è da un po' che volevo provare a farne uno: ma ero preoccupata della riuscita, temevo che non lievitasse bene e che restasse sempre un po' umido, appesantito dagli ingredienti di farcitura. Per dire, in un plum cake dolce al massimo ci si mette la frutta candita, o la frutta secca tritata... mica 350g di purè di zucca!
Un librino della Marabout, che è una delle case editrici di cucina che preferisco, mi ha convinto a trarre il dado (ovviamente da brodo). La questione è semplice: si mette in proporzione molto più lievito che per una torta simile ma dolce. Più precisamente:

180 g farina
1 bustina lievito per torte salate
100 g di emmental grattuggiato
sale
pepe
10 cl olio evo
10 cl latte
3 uova

Questa è la ricetta-base, a cui potete unire, a pezzetti, gli ingredienti che preferite. Il mio primo esperimento è stato un cake alla pancetta e funghi, per cui ci ho aggiunto:
100 g di pancetta dolce soffritta, il grasso scolato via
40 g di funghi secchi
scalogno
prezzemolo tritato

Accendete il forno a 180°.
Ammollate i funghi in acqua tiepida.
Mescolate in una terrina piuttosto grande la farina e lievito.
In un'altra ciotola sbattete le uova, aggiungendo olio, latte sale e pepe. Quando è bene amalgamato versate sul composto di farina in attesa nella prima terrina. Mescolate con cura, aiutandovi magari con uno sbattitore elettrico per eliminare tutti i grumi.
Quando il composto è bello liscio, aggiungete il formaggio, i funghi (ben strizzati, asciugati e tagliati a tocchetti), la pancetta, una spolverata di scalogno liofilizzato ducros e una di prezzemolo.
Versare in una teglia da plumcake imburrata e infarinata (o no, se ne usate una di silicone come faccio io ;o) e infornate per 50 minuti circa.
Lasciate riposare qualche minuto, poi sformate e fate raffreddare su una gratella.
Tiepido è più buono.

Trovo che l'abbinamento migliore sia una bella insalata, magari con qualche ingrediente affine alla farcitura o già presente nel cake (tipo la pancetta). Perché, come dire, il cake riesce bello, dorato, lievitato e gustoso, ma sempre un po' troppo compatto: scordatevi la leggerezza degli equivalenti dolci, anche quelli più burrosi e, per quanto il profumo vi tenti, fate bocconi piccoli :o) Qualche fresca fogliolina di lattuga, valeriana, spinacino, tatsoi o mizuna, magari accompagnata da acini d'uva o spicchi di mela, è invece perfetta per alleggerirlo senza togliere niente al sapore.

Prossimo esperimento: la ricetta base + un purè di 350g di zucca (schiacciato alla forchetta) rosolata con con porri prezzemolo e pinoli. E i 3 albumi montati a neve separatamente.

Altre varianti (suggerite dal librino): pesto e pinoli, pomodori secchi e funghi, zucchine e feta (yum), peperoni e acciughe (suggerita da me).

martedì, novembre 14, 2006

lunedì, novembre 13, 2006

Back in style

...o almeno spero :o)

Spero di essere davvero tornata a postare con un po' di regolarità - senza esagerare neh, sempre milo sono. E spero che la ricetta scelta per il ritorno sia di vostro gradimento.

(non è successo niente di epocale in questi mesi - purtroppo, direi. Nessun nuovo lavoro strapagato e ultraprestigioso mi ha tenuto lontano dal blog. Sì, abbiamo fatto dei lavoretti in casa (=ordine ;o), dato forma a una stanza che ne aveva bisogno, comprato delle meravigliose librerie Billy rosso scuro che stanno benissimo. Tutto qui. I disgusti sul lavoro, quello vero, si sono in compenso moltiplicati e questo ha provocato la tipica reazione di fuga nel *mondo dei sogni*: ecco perché invece su minicaretti sto postando parecchio.)

Allora, la ricetta.
Mi è arrivata via mail qualche settimana fa, dalla solita benemerita lista world-cuisine, spacciata come una specialità di una trattoria milanese chiamata La Piola (milanesi, ditemi voi: esiste siffatto locale?). E' un risotto al gorgonzola con le pere. L'ho preparato ieri sera usando il nuovo riso Gallo Blond *veloce e versatile*, che cuoce in 8 minuti veri - l'ho fatto per necessità, perché era tardi: ma, ripensandoci, è stata un'altra serendipità fortunata, perché il tempo di cottura richiesto da un riso normale avrebbe dissolto completamente le pere.

200g di riso da 8 minuti
mezza cipolla
1 pera (kaiser, decana, abate) media e non troppo morbida (o 2 piccolette)
1 litro circa di brodo di pollo
gorgonzola a piacere
un pezzetto di burro
una spruzzata di vino bianco
pepe nero

Tritate la cipolla, fatela soffriggere gentilmente nel burro e poi aggiungete la pera, pelata e tagliata a tocchetti regolari. Aspettate un minutino, sempre mescolando, poi unite il riso, fate tostare, bagnate col vino eccetera eccetera. Quando il riso è quasi pronto, ma ancora abbastanza all'onda, unite il gorgonzola a pezzetti e mantecate finché non si scioglie completamente, a fuoco spento. Una macinatina di pepe e poi coperchio, a riposare per qualche minuto.
Con questa dose hanno mangiato due persone, di cui una particolarmente affamata.

Il riso da 8 minuti è stata una sorpresa: gustoso, saporito, dalla consistenza piacevole sotto i denti, ovviamente non sfarina e mantiene la promessa di essere pronto in metà tempo. Nel risotto assorbe quasi la stessa quantità di liquido del riso normale; nel pilaf non so dirvi, ancora non ho provato.
Se volete preparare questo piatto con del riso normale, aggiungete le pere solo a metà cottura.

Son contenta di essere di nuovo qui :o)

martedì, settembre 05, 2006

Blogging can save your life

Durante le vacanze, a Parigi, ho comprato la solita imbarazzante quantità di libri di cucina, a cui non so proprio resistere (come i prodotti per i capelli e le cose in raso o in velluto di seta ;o).
Oltre a tanti ricettari, ho preso anche un libro che una persona che mi conosce molto bene mi aveva segnalato in tempi non sospetti, prima che aprissi Cazzarole cioè: si chiama Julie & Julia ed è la storia autobiografica di una certa Julie Powell che, grazie alla cucina e a un blog, ha rivoltato la propria vita come un calzino.
Siamo nel 2002. Julie ha quasi trent'anni e non ne può più del suo lavoro da segretaria (anche se, scusatemi, è sempre questione di proporzioni: e fare la segretaria
a Manhattan mi pare meglio che fare la copy in via Lessolo a Torino). Una sera si inventa una sfida con se stessa: in un anno realizzerà tutte le oltre 500 ricette di un testo sacro delle casalinghe americane: Mastering the Art of French Cooking di Julia Child (una specie di lisabiondi, ma molto più cool). E naturalmente userà un blog per tener conto del suo esperimento, cucinando alla sera e raccontando trionfi e disastri la mattina dopo.
Detto, fatto. Julie è fin troppo ligia con se stessa e cucina anche le cose che non le piacciono – memorabile il capitolo sugli aspic, su cui si intestardisce nonostante nessuno dei suoi commensali li gradisca, e terribile quello sulle aragoste. È piuttosto brava a cucinare e molto brava a scrivere. Il blog diventa presto molto frequentato e commentato e a un certo punto (non so ancora come, perché sono a metà) a qualcuno viene l'idea di farle scrivere un libro su questa avventura.
Il libro esce in America l'anno scorso, più o meno in questo periodo. Julie non fa più la segretaria. Un blog (e la sua passione per la cucina) le hanno davvero salvato la vita.

Questa è la premessa.
Quello che vi volevo dire è
che, incredibilmente, il blog originario del Julie&Julia Project è ancora disponibile in rete, leggibile e persino commentabile: una fortuna, perché nel libro la parte strettamente dedicata alle ricette è scarsa, ed è quindi bello poter leggere giorno per giorno i suoi progressi attraverso il ricettario della Child.
In più, Julie ha aperto un nuovo blog, su cui scrive regolarmente, raccontando le sue vicende di esordiente letteraria tra premi, presentazioni, letture, ecc. Non so se scrive ancora di cucina, perché l'ho scoperto solo l'altro giorno e non ho avuto tempo di indagare gli archivi; ma ormai è un po' come se la conoscessi e mi intriga parecchio continuare a seguirla, nella sua vita reale (be', in quella che racconta sul blog; ma ci siamo capiti).

E poi, via, ve lo devo confessare: la segnalazione di questo libro, di cui all'epoca avevo letto solo la recensione, è stata
obliquamente una delle molle che mi hanno portato ad aprire Cazzarole. Credo che le parole chiave, nella recensione, siano state dead-end job ;o) Non che io pensi razionalmente che Cazzarole possa cambiarmi la vita, almeno non fino a quel punto, ma insomma, se si facessero solo le cose razionali forse staremmo a far niente per la maggior parte del tempo.
Insomma, se sono qui adesso dipende anche, un pochino, da Julie Powell. E quindi è un po' come se si chiudesse un cerchio.
(ascoltatela mentre ne legge un pezzetto. E' simpatica).

domenica, agosto 13, 2006

zzzz! zzzzzz!

Mi hanno detto che oggi un insetto un po' pestifero e un po' no, maestro d'arte bianca (e di altre arti che non ci riguardano), be', oggi questo bel personaggino compie gli anni.
Anche le zanzare, nel loro piccolo, diventano v... ehm, sagge ;o)

Auguri Remy!

sabato, agosto 12, 2006

Pesche in partenza


Sissi, le ho fatte io. E visto che sono in ferie mi sono anche concessa il lusso di fotografarle.
Domani parto, e questa teglia è il ringraziamento per il dolcissimo amico che viene a tener compagnia alla gatta Priscilla mentre sono via. Si adorano, e io faccio apposta ad andarmene ogni tanto in modo che possano vedersi un po' per conto loro (che cuore, eh, non ditemelo).

Però, al momento di farle, oggi, mi sono accorta che avevo finito gli amaretti. Di uscire di nuovo non se ne parlava proprio. Per cui, siorre e siorri, ecco a voi le pesche senza amaretti.

Ho preso sei pesche ma poi nella teglia ne sono entrate solo cinque e mezza. Tagliate ovviamente a metà, snocciolate, e poi scavate un po' con lo scavino per meloni. Una parte di queste pallette, lo confesso, me la sono frullata con due dita di succo fresco arancia-ananas-mango-maracuja (e vabbe', nessuno è perfetto). Quanta parte? Mah. Un bicchiere. Diciamo l'equivalente di una mezza pesca. Dai, invece di inquietarvi per la mia nasometria provate anche voi il frullato, è divino.
Comunque, le pallette di pesca vanno frullate con tre tuorli, 130g di zucchero e 60g di cacao amaro. Mezza fialetta di aroma alla mandorla darà almeno l'idea degli amaretti che avrebbero potuto essere e non sono.
Si possono anche aggiungere due cucchiaiate di gocce di cioccolato, ma non è indispensabile.
Il composto va ripartito nelle mezze pesche già in attesa nella teglia. Io non imburro mai, ma se preferite farlo avete la mia benedizione. Infilate poi in forno già caldo a 180° per un'oretta.

E siccome non le assaggerò, ditemi come sono venute!
Ci vediamo tra un po'. Siate sereni.

Aggiornamento del 5 settembre
Le ho rifatte e le ho finalmente assaggiate.
La prima cosa che mi viene in mente è che sono la versione di seta dei persi pien (=pesche ripiene in piemontese).
Detto questo, se le pesche in questione vi piacciono proprio per quella loro ruvidezza un po' rustica, quel crocchìo quasi impercettibile sotto il dente, se insomma vi piacciono per via della scontrosità degli amaretti, be' allora queste non vi piaceranno mai.
Queste degli amaretti hanno il profumo, ma la consistenza è di velluto. Sono prive di asperità, non oppongono nemmeno una resistenza formale, si sdilinquiscono all'assaggio come signorine d'altri tempi. Il che, ve lo riconosco, potrà sembrare noioso: son io la prima ad aggiungere un ingrediente contrastante per rendere più curiosa la texture di un piatto. Ma dopo una giornata come questa, in cui la motosega s'è quasi consumata, vi assicuro che un po' di morbidezza dichiarata, spudorata, ci sta solo bene.

lunedì, luglio 17, 2006

¡Que guapo el gazpacho!



Ummm, pomodori, peperoni, cetriolo e cipollotto. Aceto e olio evo. Nessuna cottura. C'è un piatto più estivo del gazpacho?
Sotto tutti i punti di vista, il gazpacho è guapo. Anzi guapìsimo. E' quasi incredibile che una cosa così dietetica e sana sia anche tanto irresistibilmente saporita, bella da vedere e facile da preparare. Quante calorie fa una ciotola piena? Poche decine, credo: per condire l'intera zuppiera, che sarebbe bastata per 6-8 persone, ho dato un giro, ma proprio solo un giro, così, ¡hola!, di olio evo.

Amo il gazpacho anche perché è il re delle ricette nasometriche. Non si pesa niente, si va a occhio, cioè a naso, e va sempre bene.
Sabato l'ho fatto con 6 o 7 pomodori perini (manco mi ricordo quanti fossero :o), un peperone rosso, un cetriolo mediopiccolo e due cipollotti. Pomodori e peperoni tagliati a pezzetti (i peperoni senza semini e filamenti interni, i pomodori come mamma natura li ha fatti), cetriolo tagliato a fettine, salato, lasciato spurgare e poi risciacquato, cipollotti a pezzetti. Il tutto frullato con San Minipimer, tre tazze d'acqua (ma potevano essere anche solo due) e due fette di pane senza crosta ammollato nell'acqua e ben strizzato. Non vi dico che pane ho usato altrimenti mi obbligate a chiudere il blog per manifesta incompetenza; diciamo che andrebbe usato un qualsiasi altro pane, possibilmente un po' raffermo.

Quando è ben frullato, prendete un passaverdura a fori piccoli e passate il tutto, che ci si mette un minuto netto, e certo molto meno che a pelar prima tutti i pomodori (¡astuta!). Condite il passato con un paio di cucchiai di aceto bianco, a vostro gusto, e il suddetto giro di olio evo. Io non ho avuto bisogno nemmeno di aggiungere sale.

Questa è la meravigliosa base, che io mi sono bevuta tal quale a pranzo sabato e domenica, e questa sera tornata da ufficio+spesa+tangenziale con 39 gradi fino alle otto di sera. Il mio tesoro, che è più refrattario di me alle cose sane, ieri l'ha un po' abarthizzata con dei crostini di pane tostato e una mimosa (bianca :o) di feta. Le ennemila ricette che ho consultato prima di fare di testa mia danno, come guarnizioni tipiche, le stesse verdure usate nella zuppa ma tagliate a dadolini, un uovo sodo sbriciolato, un trito di cipolla rossa, cubetti di avocado, cose così. Tutto muy sabroso, ma da mangiare col cucchiaio: e a me invece mi va di berlo, toh.
Stasera, che ero in vena di sperimentazioni, ci ho messo un cucchiaio abbondante di lievito in fiocchi: buono, e sicuramente ancor più sano, ma a me piace più di tutto così, nature.

E dire che nella vita di tutti i giorni odio i cetrioli.

mercoledì, luglio 05, 2006

Guarda un po'


Buon compleanno carissima Grisù :o)

(se clicchi sull'immagine si aprirà in un'altra finestra e da lì la potrai ingrandire, altrimenti come fai a leggere tutte le scrittine piccole?)
(sissi, ho avuto una soffiata... ;o)

sabato, luglio 01, 2006

Cuscus zucchine e sesamo (post in tempo reale)

Domani c'è un porta-teco a casa di un'amica.
In realtà ci si vede per uno scopo ben preciso, e non solo per chiacchierare; ma il momento del pranzo condiviso sarà come sempre uno dei migliori della giornata.
Fa caldo, e domani ne farà altrettanto. Non ho voglia di accendere il fuoco. Per cui preparo un cuscus con zucchine e sesamo (essì, in questi giorni sono fissata col sesamo. Come dice cybergatto, questo dev'essere il mio periodo-sesamo).

Parto dalla ricetta per il riso al sesamo di Martha Stewart, col cuscus (due tazze: saremo in molti) (al posto del riso, l'aggiunta delle zucchine (mezzo chilo abbondante) e un taglio deciso alle cipolle (tre scalogni soltanto). Zucchine crude, naturalmente, grattugiate grosse. Mi avvicino al fornello solo per tostare il sesamo (due cucchiai) e far bollire l'acqua (due tazze) per il cuscus. Anche stavolta, ci vorrebbe qualche fogliolina di coriandolo, pazienza, ne faremo a meno.

Ora vado a eseguire. Poi vi dico com'è.

Aggiornamento delle 00.25
Pant!
Le mie velleità crudaiole si sono infrante contro la realtà... le zucchine non erano proprio appena colte e quindi ho preferito tagliarle a brunoise e saltarle in padella con un filino-ino d'olio, tenendole ben al dente e salandole solo alla fine. Lo scalogno profumava irresistibile sul tagliere, appena tritato, ma e se poi a qualcuno crudo non piace...?

Detto, fatto: in padella, la stessa degli zucchini, giusto per smussare il gusto crudo (sigh! voi però non cuocetelo, se vi piace, che è mille volte meglio).
Risultato: mi stavo sciogliendo in una pozzetta d'acqua che neanche lo Squonk. (vabbè, nel suo caso erano lacrime, ma ci siamo capiti)

Insomma, ho reidratato il cuscus, l'ho lasciato gonfiare per una decina di minuti e poi l'ho sgranato con le dita. Ho aggiunto sesamo, zucchine e scalogno e rimestato ancora, sempre con le dita. Ho poi condito con un giro di olio evo e un cucchiaino di olio di sesamo tostato.
Ora il tutto è lì che si raffredda. L'ho assaggiato che era ancora tiepido, appena mescolato, e non era granché. Ma il taboulé insegna - il giorno dopo ha tutto un altro sapore.
Vi terrò informati.

sabato, giugno 24, 2006

Non si mangia, però

...però fa bene ricordarlo.


Grazie alla Franci che ci ha pensato e agli Scribacchini che me l'hanno passato.
Mi piacerebbe che almeno Marco gli facesse posto a casa sua.

mercoledì, giugno 21, 2006

Bonjour bulgogi

Tornata dalla trasferta francese, giuro che per una settimana almeno non voglio sentir parlare di cibo in miniatura, né tantomeno farne.
Ho bisogno di cucinare in scala 1:1 eheheh.
In realtà già prima di partire, giovedì scorso, con tutte le minis impacchettate e fuori dalla vista (che sembrava che nemmeno esistessero più), ho preparato una cosa veloce e buonissima che vi racconto ora.

La ricetta viene dalla lista World-Cuisine e pare sia di origine coreana. Si chiama Bulgogi che sta (mi fido) per manzo alla griglia. La carne dovrebbe essere carpaccio, ma visto che deve cuocere ho temuto che così sottile diventasse istantaneamente di cartone, e ho preferito delle scaloppine un po' più spessette (5mm invece dei prescritti 3). Non so, la prossima volta provo con il carpaccio, perché erano poco poco coriacee; ma forse dipende dal fatto che, non mangiando quasi mai carne, non ho un macellaio di fiducia di cui, appunto, fidarmi. Magari delle scaloppine comme il faut si sarebbero comportate meglio. O magari la prossima volta provo a farle ragionare un po' col batticarne, attrezzo brutale che lascio pure a impigrirsi in un cassetto.
Bien, ma a parte la consistenza il sapore era spaziale, e tanto basta per dargli una seconda possibilità. Interessante, complesso e definitivamente molto appetitoso. Mi sta venendo fame al pensiero, vi dico solo questo.

Per due persone calcolate 250g di carne, da tagliare a striscioline. Prima però preparate la marinata, che consiste in mezzo bicchiere abbondante di salsa di soia, 1 cucchiaio di zucchero, 3 cucchiaini di olio di sesamo tostato, uno scalogno affettato piuttosto fine, tre spicchi d'aglio pelati e a fettine, due cucchiaini di zenzero fresco grattuggiato (io avevo solo quello in polvere e ne ho messo parecchio, ma a me piace molto) e tre cucchiai di semi di sesamo tostati (in una padella antiaderente ben calda e senza aggiungere niente, tenendo il coperchio sennò vi saltano dappertutto, e smuovendola in continuazione sennò si bruciano). Si mescola tutto insieme facendo sciogliere bene lo zucchero, e poi si versa sulla carne sistemata in uno strato solo in un vassoietto. La ricetta dice a questo punto di lasciar marinare per un quarto d'ora, ma che conversazione può nascere in così poco tempo? Quindi io ho messo in frigo per mezz'ora.
Tempo che mi è servito per avviare il pilaf di accompagnamento (semplicissimo, con poco scalogno tritato e acqua poco salata invece del brodo).

Trascorsa la mezz'ora, con i succhi gastrici in giulebbe perché il profumino del sesamo tostato è una delle cose più appetitose che conosca, prendete la carne e se volete eliminate l'aglio. Scaldate bene una piastra e fate cuocere la carne a fuoco vivo, sistemandola in uno strato solo e senza preoccuparvi delle fettine di scalogno che resteranno attaccate. Giratela una volta sola. Tre-cinque minuti basteranno; se usate il carpaccio anche meno.
La marinata che avanza è un delitto buttarla via. Prima di far cuocere la carne, mettetela nella padella in cui avete tostato il sesamo e fatela restringere un po' a fuoco vivace. Occhio che lo zucchero contenuto tende a caramellare, per cui le dovete dedicare tutta la vostra attenzione.
Servite ammonticchiando sul riso pilaf.

Un giretto sul web ha rivelato un'insospettabile abbondanza di informazioni su questo piatto che, ho appena appreso, è una delle ricette coreane più famose anche all'estero. Uno dei modi più tradizionali di gustarlo è avvolgendo la carne a mo' di involtino in una foglia di insalata verde. Alcune versioni prevedono anche l'aggiunta di frutta, tipo kiwi o pere, o frullata nella marinata (che non mi ispira per niente), o a fettine dentro l'involtino.

Aggiornamento
Ho provato a rifarlo cambiando metodo di cottura della carne, e invece di passarla sulla piastra l'ho saltata in un wok con quasi tutta la sua marinata, sempre per meno di 5 minuti e a fuoco vivace.
Be', che vi devo dire: a me è piaciuta di più! Il sughino resta più abbondante e più amalgamato, anche come sapore, con la carne. Il riso, ovviamente, è ben felice di aver più condimento. Ma l'altra sera, quando l'ho rifatto, invece del riso l'ho servito sopra del cavolo bianco a striscioline, crudo: squisito :oP

lunedì, giugno 12, 2006

Sono stufa

...di non cucinare e di mangiare solo per nutrirmi.
Che poi non è vero che non cucino – chi era, Woody Allen che mangiava frozen dinners senza neanche scongelarli? Ecco, così mai. Ma neanche *apro il frigo e quel che c'è c'è*. Però la cucina, quella vera, è fatta diversa. E in questo periodo non ho tempo, quando torno a casa dall'ufficio devo finire un lavoro (strano) che ha una scadenza improrogabile e vicina (troppo), e finché non è finita non posso permettermi di pensare ad altro. Però, ecco, sono stufa di dovermi privare delle mie cazzarole, soprattutto ora che grazie ai tanti bellissimi blog che sto scoprendo le sollecitazioni a usarle si moltiplicano – crudeli!

Vabbe', dai, il 20 sarà tutto finito.
Così, ve lo volevo dire.

E se proprio proprio siete curiosi....

martedì, giugno 06, 2006

Geniale

Seminascosto dentro uno dei post della lista Soups-n-Stews arrivati oggi, c'era questo gioiellino di astuzia:

«per pulire verdure come carote e patate novelle, usare uno di quei guantini da scrub che si adoperano in genere per strigliarsi sotto la doccia»
(be', magari non proprio lo stesso)


Mi è sembrata una genialata da dividere subito con voi :o)

(Il Body Shop ne vende di comodissimi fatti proprio a guanto, con le cinque dita insomma, invece delle solite muffole che si vedono sempre.)

lunedì, giugno 05, 2006

Calamarata contagiosa



Tutto è iniziato la settimana scorsa con un post a casa degli Scribacchini, che a loro volta si erano fatti contagiare dalla Cuoca Rossa (che saluto, anche se lei non mi conosce :o).
La mania si è poi estesa anche qui, e le cazzarole si sono messe in moto lo scorso sabato.


Sono partita dalla ricetta di Kat e Remy ma l'ho modificata alla mediterranea perché, per quanto mi piacciano i sapori esotici e in particolari quelli indiani e simil-indiani, sabato avevo proprio voglia di mare nostrum – e quindi niente curry, solo aglio, prezzemolo, peperoncino e vino bianco. Quello che ho mantenuto, e che è stato cruciale per la buona (anzi mmmm ottima) riuscita del piatto, è il metodo di cottura della pasta suggerito da loro, e da loro chiamato *risottata*: una veloce precottura in acqua bollente (il formato in questione ha tempi lunghi, simili al riso) e poi la cottura vera e propria in padella, con aggiunta graduale di brodo. In questo modo il sughino resta bello concentrato, denso e quasi *fuso* con la pasta, buonissimo davvero.

Allora vi ho fatto venir voglia?

Cazzaroli miei, è ora di mettersi il grembiule.


Confesso che ho barato un po' e preso qualche scorciatoia, ma d'altronde odio pulire i calamari e non avevo nessun fumetto di branzino stipato saggiamente nel freezer. Per cui sono partita da una confezione da 500g di calamaretti surgelati già puliti e spellati (chiamatemi stupida :o): scongelati, lavati, tentacolini sganciati e sacche tagliate in due o tre pezzi, e il tutto asciugato per bene.
Mi sono ricordata al momento giusto di una dritta letta nonsodove tempofà e li ho messi in padella a freddo insieme all'olio e a tre spicchi d'aglio, invece di buttarli nel soffritto già avviato: i calamari son bestioline delicate e l'olio bollente li spaventa, rendendoli gommosi – e vorrei vedere voi. In questo modo ho potuto prima cuocerli una decina di minuti, il tempo che diventassero opachi e si arricciolassero un po', e dopo saltarli un minuto con la pasta, e sono rimasti meravigliosamente tenerissimi.
Poco prima di toglierli dal fuoco li ho bagnati con mezzo bicchiere di vino bianco; poi li ho scolati con cura, lasciando il loro fondo liquido nella padella.

Nel frattempo avevo messo su l'acqua per la precottura della pasta. A bollore l'ho salata (poco, il brodo è già abbastanza saporito di suo) e ho buttato 150g della ormai mitica calamarata. Dopo una decina scarsa di minuti l'ho scolata, trasferita nella padella dove l'aspettava buono buono il sughino dei calamaretti e tirata a cottura aggiungendo a mestolini un mezzo litro scarso di brodo di pesce caldo (fatto col dado Knorr, ahimè), e un altro mezzo bicchiere di vino bianco. Mi ci sono voluti altri 6-7 minuti. Alla fine ho unito i calamaretti già cotti per il salto d'ordinanza, spolverizzando di peperoncino e prezzemolo.

Per due persone molto golose e, alla fine, molto soddisfatte :o)

Grazie Scribacchini!

venerdì, maggio 26, 2006

Questa poi! (post camurrioso)

Aggiornamento del 27 maggio
Le cose non stanno esattamente come ho scritto ieri sera. Trovate la correzione al fondo del post. Mi scuso per l'inaccuratezza.

Il sito della Cucina Italiana è rimasto inaccessibile per qualche giorno.
Per combinazione, proprio la settimana scorsa avevo scoperto *Spazi Vostri*, un forum molto accogliente e cordiale, dove avevo presentato questo modesto blogghino e ricevuto un'accoglienza davvero speciale. Mi è spiaciuto quindi interrompere la lettura delle vicende del *condominio* (come si chiamano affettuosamente le frequentatrici).

Stasera, provo e il sito si apre.
Su questa pagina.


Non ci credevo, ho dovuto leggere due volte.
L'accesso ai forum è diventato a pagamento. E naturalmente anche la consultazione delle ricette. Per la modica cifra di 6 eurini al mese (e sono talmente miopi che non fanno sconti nemmeno se uno sceglie di abbonarsi per tre mesi in un colpo solo).
Ora.
Non è la cifra, è il concetto.
Ci sarà sicuramente qualche altro posto in rete dove per accedere bisogna pagare (esclusi i siti p.orno, intendo). Ma la rete, per definizione, è condivisione gratuita. Altrimenti non la usi, punto e basta. Vi immaginate se Epicurious, che raccoglie le ricette non di una, ma di tre riviste di cucina, si facesse pagare? Anche Martha Stewart, che tutto sommato mi sembra parecchio attenta al soldino (è pure finita dentro per insider trading, pensa te), ha un sito gratuito e ricchissimo, dove pubblica molti dei progetti che escono sul giornale, comprese tutte le ricette.

Mi pare di sentirli: Ennò carina, il giornale in edicola lo compri, perché pretendi di leggere le ricette a sbafo? E che, c'abbiamo scritto JoCondor?
Ma benedetti cucinaitalioti, ci vuol tanto a capire che un sito generoso fa miracoli per l'autorevolezza della testata e rende gli utenti (e i lettori) fedeli che più fedeli non si può?
E poi, scusate, ma che c'entrano i forum? Perché far pagare anche quelli? Come se mancassero in rete i luoghi dove incontrarsi e tenersi in contatto liberamente e, vivaddio, gratis.

Inutile dire che prevedo e soprattutto auguro un flop di dimensioni imbarazzanti.
E care quasi-nuove-amiche di condominio, mi spiace perdervi così subito, ma non posso pagare per chiacchierare con voi, è una questione di principio. Se traslocherete da qualche altra parte mandatemi una cartolina col nuovo indirizzo...

Aggiornamento
La consultazione delle ricette pare funzioni normalmente: l'abbonamento permette, in più, di vedere la foto e la tabella nutrizionale (elementi di sicuro fondamentali, che porteranno tutti a metter mano al portafoglio).
Meno male, certo: ma questo rende la situazione dei forum ancora più assurda.

mercoledì, maggio 24, 2006

Crumble di fragole

C'è stato qualcuno che ha osato dire "quello di mele è più buono".
Prima di credergli, provate questa ricetta primaverile.
L'ho preparata domenica per un bellissimo pranzo a casa di Laura, sotto la tettoia di una cascina in rinascita, e mi è piaciuta molto di più della sua variante invernale.
Sarà che di mele proprio non se ne può più.
Sarà che eravamo nel Posto delle Fragole, e non si poteva far finta di nulla.
Sarà che di fragole è finalmente tempo, e quest'anno più del solito mi va di mangiare cose di stagione. Come se fosse un rimedio piccino, ma volenteroso, alle dissonanze della mia vita – ecco, almeno con la stagione sono in armonia, in accordo, in consonanza.

Vabbè, e che è sta filosofia? La ricetta, dite. C'avete raggione, c'avete.
Le fragole saranno sei-sette etti, pulite, tagliate a pezzetti, cosparse con due cucchiai di zucchero (a piacere: dipende da quanto sono dolci di loro) e rinfrancate da un po' di brandy. Son la prima cosa da preparare, ormai sapete che per me lasciar tranquilli gli ingredienti (a lavorare per la causa: devo mica far sempre tutto io?) è sacro comandamento inviolabile. Mentre le fragole fragoleggiano, si prende il burro ben morbido, un etto, e lo si amalgama con la punta delle dita insieme a 100g di zucchero di canna, 160g di farina e un bel pizzicone di sale fino. A casa mia, dove scarseggiano lussi come piani di lavoro, spianatoie e tavoli di marmo, si fa tutto dentro una ciotola di pyrex. Con la punta delle dita, e non faccio per dire: quel che vi interessa è ottenere un bel mucchio di briciole, non una pasta compatta. Briciole e cioè, ovviamente, crumbles. In time the Rockies may crumble, Gibraltar may tumble – chiedo scusa, è il mio diggei mentale che non si fa i fatti suoi nemmeno mentre scrivo le ricette. (Tra l'altro, ho letto un'etimologia piuttosto buffa per il nome di questo dolce, ma non ricordo dove. Secondo il fantasioso autore, verrebbe dal rumore che fa il dolce sé medesimo mentre lo si mangia. Proprio.)
Nel frattempo non vi sarete dimenticati di accendere il forno a 180°, a differenza di me che ho dimenticato di dirvelo come prima cosa.

Con le briciole che avete preparato (e se non sono abbastanza briciolose sbriciolatele voi direttamente sulla frutta in attesa nella teglia) fate uno strato uniforme cercando di coprire tutte le fragole, che avrete disposto senza sovrapporle. Infornate per una mezz'oretta (forno elettrico ventilato), abbiate un'altra mezz'ora abbondante di pazienza (fatevi magari aiutare da una finestra aperta e da un po' di corrente) e poi godetevi questo piccolo incantesimo di primavera, meglio se addolcito da un po' di panna liquida fresca e fredda.

La teglia è quella del tiramisù, 25x35 circa. Le porzioni sono come minimo otto.
Divino, ve l'anticipo mentre aspettiamo che si faccia stagione, è anche quello con pesche e lamponi.

martedì, maggio 16, 2006

Pasta e asparagi

Come spesso succede, da una ricetta si arriva a un'altra. Sono partita da una, letta di sfuggita su una rivista e ricostruita a memoria, per arrivare a un'altra che è solo mia, e che mi piace mille volte di più.

Prima vi racconto la mia, che è anche di una semplicità incredibile.
Mettete al fuoco una pentola d'acqua piuttosto grande. Mentre si scalda, pulite 1,5kg di asparagi, mettendo in salvo i primi 4cm di punta e riducendo il resto del gambo a rondelline piccole, larghe 1cm circa, ma proseguendo solo per altri 3cm e poi basta.
(Sissi, è una ricetta spendacciona con un sacco di scarto. Se vi piange il cuore a buttar via quasi mezzo asparago per volta, puliteli bene, lessateli a parte e usate il brodo ottenuto per fare un risotto agli asparagi scappati.)

Quando l'acqua bolle, salatela poco più del solito e buttateci i pezzetti di asparago. Date 5min di cottura e poi aggiungete 240g pasta, in un formato corto che ci impieghi una decina di minuti e non di più (se ce ne mette di più, buttatela prima: in tutto gli asparagi devono cuocere al massimo 15min, dopo si disfano). A me piacciono molto le mafaldine e le mezze penne.

Per il condimento avete due opzioni:
· un pezzo di burro sciolto a fuoco dolce, e completato da una bella spolverata di parmigiano;
· un filo d'olio buono, accompagnato da un etto scarso di feta sbriciolata.

Nel primo caso, scolate pasta e asparagi insieme e fateli saltare brevemente in padella; aggiungete il formaggio e meravigliatevi.
Nel secondo, scolate il tutto in una terrina bella grande, sbriciolatevi su la feta e fate finta di essere a Santorini.

La genialata della ricetta sta nella cottura congiunta di asparagi e pasta, un metodo che finora avevo usato solo coi broccoli e le cime di rapa. A parte la rapidità e il risparmio di una pentola, la pasta in questo modo si insaporisce divinamente e il piatto finito ha un'armonia di gusto davvero speciale.

La versione burro-parmigiano è un grande classico di stagione; ma l'olio crudo e la feta vi stupiranno, se avrete voglia di essere un po' avventurosi.

(la ricetta di partenza prevedeva che asparagi e pasta lessati insieme venissero saltati in padella con rondelle di salsiccia rosolata per i fatti suoi e sfumata con un po' di vino bianco. Buona, ma troppo saporita, e la delicatezza degli asparagi andava perduta. Molto meglio così, sotto tutti i punti di vista – ed è pure vegetariana).

Per quattro persone.


Aggiornamento:
La pasta, cotta scolata e saltata nel burro e salvia, si può anche unirla a uno zabaione salato e trasformarla in una carbonara gentile. Le indicazioni, in mezzo a tante altre chiacchiere, si trovano qui.

Tiramisù alle fragole

Il mio fidanzato non ci credeva, che sarebbe venuto così buono.
Anch'io avevo qualche dubbio, ma per ragioni opposte.
Lui pensava che sarebbe venuto un pastone troppo dolce. Io temevo che invece non avrebbe avuto nessun sapore definito, visto il gusto acquoso delle fragole disponibili in giro.

Ci sbagliavamo tutti e due.
È venuto buonissimo.

L'unico difetto di questa ricetta, se di difetto si può parlare, è che con le dosi indicate ne vengono più di dieci porzioni. Se la dovessi rifare per i soliti 4 commensali – di più, la mia cucina non ne capisce – dimezzerei le dosi: perché è vero che gli ospiti sono in genere ben contenti di portarsene via una porzione; ma è anche vero che bisogna mangiarlo entro le ventiquattro ore, anche perché va obbligatoriamente preparato in anticipo (la sera prima per il mattino dopo).

La ricetta di base è di Giada de Laurentiis, ma ho dovuto modificarla. Pensate un po', questa magra signorina, che deve avere il metabolismo di una Ferrari, pretendeva che aggiungessi a mezzo chilo di mascarpone ancora quasi tre etti di panna montata. Argh. Non che il tiramisù normale sia tanto più light, ma a leggere di tutti quei grassi sentivo il girovita allargarsi da solo. Quindi, cara Giada, tu sarai anche la nuova guru della cucina italiana in America, ma io ho levato la panna e preparato la crema come faccio sempre per il tiramisù. Oh insomma.

» la crema del tiramisù according to milo «
Faccio sciogliere 150g di zucchero in un pentolino con pochissima acqua. Nel frattempo preparo due casseruole che possano stare una dentro l'altra, e nella più grande metto a scaldare qualche dito d'acqua per un bagnomaria. Nell'altra sbatto 3 tuorli e 1 uovo intero. Quando lo zucchero è diventato uno sciroppo trasparente lo verso a filo sulle uova, continuando a sbattere, e poi proseguo con un frustino elettrico con la casseruola nel bagnomaria. Come per fare uno zabaglione, insomma, con lo sciroppo di zucchero al posto del marsala. Quando il composto è chiaro e spumoso tolgo dal fuoco e faccio raffreddare nel lavandino, in un bagnomaria stavolta ben freddo, mescolando spesso.

Intanto mettete il mezzo chilo di mascarpone in una ciotola larga e lavoratelo con mezza fialetta di aroma vaniglia e due cucchiai di liquore (la ricetta diceva cointreau o grand marnier, io avevo del brandy ed è andato benissimo). Quando la crema d'uova è fredda li si mescola insieme.
Passate a preparare la bagna per i savoiardi, che è la cosa più stramba della ricetta: un vasetto di gelatina di fragole, diluito con il succo di due arance spremute e circa 120ml di liquore (lo stesso di prima). Se proprio non vi riesce di amalgamare la gelatina, potete intiepidirla su fuoco dolcissimo, ma a me con un frustino e un po' di energia è riuscito a freddo.
Prima di tutto questo, però, è meglio preparare le fragole, in modo che abbiano il tempo di produrre un po' di sughino: ce ne vogliono circa mezzo chilo, da tagliare a fettine sottili e da condire con due cucchiaini di zucchero.

Quando avete tutto pronto, cominciate a montare il dolce. Prendete una teglia di circa 25x35, dai bordi piuttosto alti altrimenti non vi sta.
Fate uno strato sottile del composto di gelatina, copritelo di savoiardi (un po' più di 100g) e ripetete lo strato sopra i savoiardi. Siate generosi perché da questo dipende la futura morbidezza dei biscotti. Sopra spalmate circa metà della crema di uova e mascarpone, poi fate uno strato di fragole (dovreste usarle quasi tutte). Ripetete con savoiardi (altri 150g circa), gelatina e crema. Vi anticipo che di fragole dovrete averne in frigo un altro mezzo chilo scarso, da cospargere in superficie al momento di servire.

Il dolce deve meditare ora, per cui lasciatelo tranquillo in frigo. Coprite la superficie con un foglio di cartaforno (a cui la crema si attaccherà molto poco) e poi sigillate il tutto con la pellicola. Se riuscite a far passare una dozzina di ore sarà perfetto.
Un'oretta prima di servirlo, tagliate le fragole rimaste in quarti (queste si vedono, per cui non fate sfracelli), conditele con i soliti due cucchiaini di zucchero e lasciatele stare fino al momento giusto, quando le disporrete con ordine sulla superficie del dolce.

lunedì, maggio 08, 2006

La dose quotidiana

Leggere di cucina per me è una droga.
Ho un intero scaffale, diciamo 2 metri per 1,30 per 6 piani, carico di libri e riviste, e già lo spazio scarseggia, i libri si infilano in orizzontale sopra i più bassi, le riviste esondano in cucina, eccetera. Nei periodi in cui non devo spendere giro al largo da edicole e librerie, perché se mi avvicino troppo non riesco a resistere e qualcosa finisco con l'assaggiare. È rimasta mitica una spedizione alla Hoepli di Milano, qualche mese fa, in cui ho scoperto uno scaffale con i libri stranieri in saldo: per una ventina di euro mi sono arricchita di uno splendidissimo volume sulla cucina di Van Gogh (in realtà, sulle sue preferenze alimentari e sulla cucina di un meraviglioso auberge di campagna dove lui andava spesso a mangiare, e che per fortuna esiste ancora), un manuale di variazioni sul pesto, un prontuario di cucina rapida kasher e un librone sui potluck, cioè i piatti per i porta-teco, quelle bellissime cene fra amici in cui ognuno porta qualcosa (e quindi: ricette per molte persone, per piatti da preparare in anticipo, piatti freddi, buffet, eccetera).
 
Detto questo, come se non mi bastasse tutta questa carta stampata, ho trovato un modo per assicurarmi la mia dose quotidiana di chiacchiere di fornello.
È una mailing list americana chiamata, appetitosamente, Soups-n-Stews. La sottoscrizione mi assicura un confortante introito quotidiano medio di una quindicina di post. La maggior parte sono ricette e spesso piuttosto improponibili, se non altro perché richiedono ingredienti che qui non si trovano, o usano tecniche di cottura per fortuna a noi sconosciute (mai sentito parlare di quell'obbrobrio chiamato slow cooker? Una pentola elettrica che cuoce la roba per ore, da mettere su la mattina per trovarsi il minestrone pronto alla sera, dopo 8-10 ore di cottura – ewww). Alcune però sono semplici e interessanti e mi è già capitato di provare e modificare con successo – una per tutte, una vellutata di cavolfiore alle mandorle che posterò presto.
Ma la cosa che preferisco sono gli articoli di giornale, che qualche anima buona si prende la pena di ricopiare e postare: i migliori sono quelli che raccontano la storia di un piatto, il suo posto nella tradizione del paese d'origine, il significato per le persone che lo cucinano.
 
Da qualche giorno il piacere è raddoppiato, perché la curatrice di Soups-n-Stews ha aperto una nuova lista, dedicata alla cucina etnica in senso lato (visto che per gli americani è *etnica* pure la ribollita toscana). Si chiama World-Cuisine e anche da qui mi piovono nella mailbox parecchi post al giorno. Come potrete immaginare, gli articoli di giornale sono particolarmente saporiti.
 
Se vi interessa, vi potete iscrivere qui:
http://www.cooking-lists.com/lists/soups-n-stews
http://www.cooking-lists.com/lists/World-Cuisine

venerdì, maggio 05, 2006

Perché?

Perché nel post precedente ci sono due caratteri di due corpi diversi e non riesco a convincere blogger che invece io ne voglio uno solo e sempre grande uguale?

Aggiornamento del 19 maggio:
problema risolto grazie a un suggerimento dell'empirica-ma-efficace Patt di Cuochidicarta.
Grazie!

giovedì, maggio 04, 2006

Cinco de mayo

Una delle cose che preferisco del cibo è che spalanca porte su mondi sconosciuti.
(La cucina etnica, certo, lo fa proprio di mestiere. Ma anche un piatto tradizionale locale lo fa. La prima volta che ho mangiato le orecchiette fatte in casa con le vere cime di rapa, comprate a Castellana Grotte (BA) e da lì giunte via aerea a Cesate (MI) insieme alla cuoca che le avrebbe cucinate, è stata un'esperienza culturale a tutti gli effetti.)
Detto questo, sapete cos'è il Cinco de Mayo?
Fino a ieri non lo sapevo neanch'io. Be', il cinque maggio di 144 anni fa, i messicani sconfissero a Puebla le truppe di Napoleone III. A Puebla. Cioè in Messico. L'avrò di sicuro studiato, a scuola, che Napoleone III si fece venire lo spinno di passare qualche mese in mare per andare a far la guerra ai messicani, che pare ci mettessero troppo a restituire un debito – ma chi se lo ricordava? Invece adesso, che l'informazione è arrivata insieme a un certo numero di ricette messicane festaiole, sono sicura di non dimenticarmela più.

Allora il cinque maggio per i messicani è grande festa, e io comincio a sentire profumo di cumino fin da qua.
E magari domani sera preparerò anch'io qualcosa di messicano, perché i motivi per far festa non sono mai abbastanza.

Per esempio.

In qualsiasi supermercato medio-grande oggi si trovano facilmente i kit per assemblare, come un mobile ikea, alcuni grandi classici della cucina messicana (anche se, essendo tutti di provenienza americana, sospetto possa essere più tex-mex che mex-e-basta). Si aggiungono gli ingredienti freschi e via, in poco tempo e con nessuna difficoltà è tutto pronto. Non sono mai stata in Messico e quindi non so come sia la v e r a cucina messicana ma, anche se i miei bravi dubbi filologici li ho, queste cose sono molto gustose e il mix di spezie codificato come messicano è tutto di mio gradimento – cumino, coriandolo, aglio, peperoncino, eccetera.

I tacos sono un'alternativa divertente a cene fai-da-te come bourguignonne e raclette, in cui la maggior parte del lavoro culinario lo fanno i commensali nel proprio piatto. Si prepara la carne (una specie di ragù piuttosto asciutto, aromatizzato con la bustina di spezie fornita nel kit), si riduce la lattuga a listarelle, si grattugia il formaggio (qualsiasi formaggio dolce e fusibile va bene), si versa dello yogurt intero bianco in una ciotolina e, volendo proprio strafare, si assembla una veloce salsa pico de gallo (pomodori crudi spellati e ridotti in dadolata, cipolla/cipollotto crudi tritati – socialmente riprovevoli, ma tanto bboni – pizzico di peperoncino e, avendocelo, un po' di coriandolo fresco tritato; filino d'olio). Fine del lavoro preparatorio. I commensali farciscono da sé i tacos riscaldati in forno, e poi provano a mangiarle sbrodolandosi tutti. Son cose belle.

Insieme ci può stare un po' di guacamole, divino intruglio verdolino a base di avocado, che io preparo in tre minuti netti usando il minipimer e soprattutto un'astuta bustina di spezie astutamente comprata in Francia (in Italia siamo ancora ai kit completi: in Francia, paese evoluto, vendono già le bustine da sole). Ma se vi interessa, e il cinquemaggio vi potrebbe anche interessare, ho trovato questa ricetta che potrebbe andare:

3 avocado maturi (se vi riesce di trovarne: se sono cedevoli è buon segno, ma non è detto)
mezza tazza di cipolla/cipollotto a dadini e poi tritato
mezza tazza di pomodori spellati e in dadolata
coriandolo fresco tritato a piacere
mezzo cucchiaino di cumino in polvere
succo di limone/lime
sale

Tagliate gli avocado a metà e levate i noccioli; incidete la polpa con la punta di un cucchiaio e trasferitela a pezzi in una ciotola, dove la schiaccerete con una forchetta. Unite il resto degli ingredienti, mescolate bene e non fate attendere, che nonostante il limone l'avocado diventa nero in un attimo.
Potete anche evitare la forchetta e amalgamare tutto con il minipimer; lasciate fuori il pomodoro, però, e aggiungetelo a cubetti alla fine.
Con questa dose, sappiatelo, avrete guacamole per un reggimento.

Ho anche provato il kit per le quesadillas, in cui un ripieno di pollo e formaggio piuttosto speziato è racchiuso fra due tacos piatti tagliati in quarti: buono.
Invece devo ancora provare quello per le enchiladas, specie di piadine (in realtà, tacos morbidi) avvoltolate a cannolo intorno a un ripieno di carne anche quello, credo, piuttosto assertivo nel sapore.

E buon Cinco de Mayo a tutti. Mi raccomando le piñatas...

mercoledì, aprile 26, 2006

Ci sono problemi?

Ho saputo che un'aspirante commentatrice ha rinunciato a farmi sapere che la zuppa di pomodoro la incuriosiva molto (cioè, è stata costretta a dirmelo a voce ;o) perché non è riuscita a registrarsi su blogger. Vi chiedo, avete provato anche voi nell'ultima settimana a registrarvi per commentare e non ci siete riusciti? Perché ho notato anch'io un generale peggioramento di blogger (lentezza/impossibilità di aprire le pagine (non solo questa), modifiche al template visibili solo dopo enne ore, ecc.) e vorrei capire se i problemi stanno solo dalla mia parte o anche dalla vostra.
Se me lo scrivete qua verde.milonga@email.it ve ne sarò grata.

mercoledì, aprile 19, 2006

Zuppa di pomodoro con curry e burro d'arachidi

Ora, per piacere, non andatevene subito schifati da un'altra parte. E' una ricetta di Epicurious, neh? L'avevo salvata qualche mese fa ma non avevo mai avuto occasione di provarla (traduzione: me n'ero sempre dimenticata). Stasera l'ho fatto.

E' buona.
Strana.
Così strana che può diventare facilmente argomento di conversazione, per cui tenetela presente se invitate persone con cui avete paura di non saper cosa dire.

Agli aggettivi qui sopra va anche aggiunto: veloce. In una ventina di minuti – dall'apertura della lattina alla scodella fumante – vi togliete il pensiero; e fate pure un figurone, ché sembra cosa da spenderci almeno un'ora in cucina. Insomma un rapporto fatica-risultati come si deve.
Ho fatto naturalmente qualche piccola modifica, ma niente di sostanziale.
Per esempio, siccome per me lo standard di sugo al pomodoro è quello di mia zia, e mia zia nel soffritto ci mette una carotina, ci ho aggiunto la carotina che Epicurious aveva trascurato.
Ma andiamo per ordine: una cipolla affettata fine, la carotina di cui sopra affettata altrettanto fine, 3 cucchiaini di curry in polvere (vedete voi: anche di più, o di meno, a seconda di come vi piace e di quanto è forte il vostro curry), una lattina di polpa di pomodoro, una tazza di brodo (pollo o verdure, a scelta), 3 cucchiai di burro d'arachidi senza zucchero sciolti in una tazza d'acqua calda. Pepe e peperoncino a piacere. Un mazzetto di coriandolo fresco da tritarci sopra, a mo' di prezzemolo, alla fine.
Il procedimento è ovvio – la cipolla e la carota vanno soffritte adagio adagio; quando sono ben appassite si aggiunge il curry e si fa un po' tostare, in modo che faccia sentire di cosa è capace. Poi si mettono i pomodori e il brodo, e si lascia pippiare per una decina di minuti. A questo punto potete a.lasciare così, per una cosa chunky, come direbbero gli americani; b.frullare tutto, per una vellutata molto chic; c.frullare solo in parte, per non scontentare nessuno. Quando avete fatto, aggiungete il burro d'arachidi diluito e date ancora un cinque minuti di cottura. Scodellate, cospargete di coriandolo tritato al momento e sedetevi a tavola in quattro.
Domani a pranzo vi saprò dire se il giorno dopo è più buona che appena fatta :-)

Premesso che nella versione vellutata è buonissima anche fredda, ho già pensato a queste varianti:
- una puntina di zenzero in polvere
- un bricchetto di latte di cocco invece del brodo (aggiustare di sale)
- un pugno di riso lessato, idealmente basmati, aggiunto alla fine insieme al burro di arachidi.
- un cucchiaio di yogurt bianco intero come guarnizione in ogni fondina (perfetto se avete ecceduto col peperoncino).
Nei commenti alla ricetta, su Epicurious, qualcuno ha citato anche una spruzzata di succo di limone (veramente lì dicevano lime), che mi sembra a buonsenso un'ottima aggiunta.

Aggiornamento (19 aprile)
A tutte le qualità già magnificate ieri, aggiungo che sì, il giorno dopo è ancora più buona e quindi ideale da preparare in anticipo, naturalmente aggiungendo il coriandolo solo al momento (la meraviglia di arrivare a casa più o meno trafelati dieci minuti prima degli ospiti e sapere che almeno un piatto è già pronto).
Stasera, per la precisione, l'ho modificata in questo modo:
- ho aggiunto 5og di cuscus ammollato in 50ml di acqua bollente salata (dose per 1 porzione). Il cuscus ha continuato a gonfiarsi anche dopo averlo versato nella zuppa, che così si è piacevolmente inspessita.
- ho rifinito il tutto con due cucchiai di yogurt bianco intero e qualche goccia di olio di sesamo.
- in definitiva è buonissima anche senza coriandolo (lo dico per Ingrid questo :-).

lunedì, aprile 10, 2006

Insalata di pesche noci alla thailandese

Siamo ancora fuori stagione, ma questa ricetta mi stuzzica così tanto che quasi quasi mi compro una lattina di pesche sciroppate – ugh!

Mmm, però prima di dirvi com'è e come non è, vi devo raccontare di una cosa assurda che ho mangiato una volta in un ristorante di fiducia ( fossi stata in un altro posto, non l'avrei nemmeno assaggiata). Immaginatevi una serie piuttosto sapida di tranquilli antipastini di mare – crostino di polenta con moscardini affogati, insalata tiepida di calamari e gamberi, acciughina marinata, eccetera. A interrompere questa bella teoria, una mezza pesca (sciroppatissima: eravamo in febbraio) ripiena di tonno, maionese, formaggio e non so più cos'altro. Una ricetta olandese, secondo il maître. Be', non ci crederete, ma era meno immangiabile di come suona adesso – diciamo non così totalmente disgustosa.

Vabbe'. Ecco la ricetta, che non ricordo più dove ho trovato (ma tanto, l'ho già modificata un bel po': l'originale prevedeva che ci fossero anche dei – ewwwwww – capellini lessati).
Due tazze ciascuno di: pesche noci snocciolate e tagliate a fettine; cavolo bianco da insalata tagliato finofino; carne di pollo cotta (lessata o arrosto, se vi avanza) ridotta a sfilacci. Ancora: mezza tazza ciascuno di: peperone rosso e/o giallo a cubetti, cetriolo spurgato e affettato trasparente.
Questo bendiddio va messo in una ciotola e cosparso – ché finora non s'era ancora capito cosa c'avesse di tanto stuzzicoso – con una salsetta thai così composta: un quarto di tazza di burro d'arachidi (quello senza zucchero) diluito con un quarto di tazza d'acqua tiepida; 2 cucchiai ciascuno di succo di lime e di salsa di soya; 2 spicchi d'aglio, tritati se vi sentite avventurosi; 1 cucchiaio di zucchero, preferibilmente di canna, e peperoncino sbriciolato a piacere.
A buonsenso, preparerei la salsa in anticipo e la lascerei tranquilla per un'oretta, in modo che i vari ingredienti si conoscano e facciano un po' d'amicizia. Se l'aglio l'avete messo a pezzetti perché volete restare baciabili, levatelo prima di condire l'insalata.
Sempre a buonsenso, direi che l'insalata condita può beneficiare anche lei di una sosta, stavolta in frigo, sempre per favorire la concordia tra le parti.
Non ci starebbe male, secondo me, anche una spolveratina di arachidi tritate, tanto per rendere la consistenza più interessante.

Proverei a sostituire la pesca noce col mango, se ne trovassi uno un po' gustoso.
Secondo voi, quale altro frutto si può usare, nell'attesa di una stagione più clemente?

venerdì, aprile 07, 2006

Maltagliati piselli e zafferano

Sono quasi le otto e mezza.
Sono uscita dall'ufficio mezz'ora fa.
Sono talmente camurriosa che, nonostante l'ora tarda, non ho nemmeno un po' di fame; ma so che non mi devo fidare, altrimenti finirò a mezzanotte a strafogarmi di biscotti.
Apro il frigo. L'imperativo di stasera è la rapidità. Voglio qualcosa da preparare in due minuti, che non richieda troppo pensiero, e che sia un po' più invitante di una minestrina.
C'è un sacchetto di Piadina Riccione aperto. Ma la pizza di piadina me la sono fatta ieri sera. C'è un frigoverre con dei piselli ex surgelati, che ho lessato per la pasta fredda mangiata ieri. Um.
Metto su l'acqua per la pasta, che non si sbaglia mai. Taglio un pezzettino di burro e lo metto a sciogliere in padella. Aggiungo una punta di scalogno tritato Ducros, che sia benedetto. Quando inizia a soffriggere metto i piselli, lascio insaporire e poi spolvero con quel misto di aromi Star alle verdure e zafferano, che ancora non avevo provato. Niente sale perché c'è lì dentro. Aggiungo due dita d'acqua, spicco il bollore e spengo. Nel frattempo l'acqua ha avuto la bontà di bollire. Sale, poi un etto scarso di maltagliati Coop all'uovo, che dovrebbero metterci solo 5 minuti. Quando sono quasi cotti, li scolo non troppo e li faccio saltare in padella, che si bevano quel po' di brodino allo zafferano. Di piselli ce n'erano parecchi, quindi vengono due belle porzioni. A quella che mi servo nella ciotola gialla aggiungo un po' di parmigiano. L'altra la stipo per un pranzo in ufficio. L'assaggio così, è buona anche senza formaggio.
Due minuti dopo sono raggomitolata sul divano con la ciotola gialla e calda fra le mani, e Priscilla sui piedi che fa le fusa. La camurria della giornata inizia a svanire. E la pasta è proprio buona, sicuramente all'altezza di una cena normale, magari con degli amici.
Mi devo segnare la ricetta.

giovedì, aprile 06, 2006

Prova

prova – scusate.
sto controllando se riesco ad aprire il frigo via mail.

martedì, aprile 04, 2006

Un altro blog?

Figlioli, siamo milioni. Decine di. Che differenza vorrete che faccia, un altro blog in più. Questo, poi, sarà o dovrebbe essere un blog di servizio. Che non vuol dire che c'avrà un ingresso separato, più bruttino e meno prestigioso di quello principale. Vuol dire che dovrebbe servire. Essere utile. Ci scriverò su le ricette che sperimento, soprattutto quando arrivo a casa la sera scazzata stanca e affamata (e meno male che per la gatta basta aprire una scatoletta). Ma anche quelle che improvviso quando sono in stato di grazia, e voglio stupire il mio amore e legarlo a me indissolubilmente con la potenza di un filtro magico (be').

Insomma, prendete la forchetta e assaggiate pure. Vi piace, non vi piace, avreste messo più zenzero, l'avreste salato di meno, l'avreste cotto di più, l'avreste buttato in pattumiera senza neanche annusarlo - scrivetemelo nei commenti, vi prego.

Vado ad accendere il fuoco.